LE LONTANE ORIGINI

 
Di tutti gli attuali stati africani – spiega Bernard Lugan[1] –  il Ruanda è senz’altro uno dei paesi del Continente nero a poter vantare una storia territoriale, culturale e perfino etnica sui generis[2]. Alla stregua delle grandi nazioni europee, la sua attuale estensione è il frutto lento e consolidato di lontane conquiste, annessioni, espansioni nell’arco di lunghi secoli. Inoltre, lungi dal costituire un bacino di molteplici e minute etnie, il paese raccoglie essenzialmente due componenti umane numericamente dominanti : i tutsi (circa 20 % della popolazione) e gli hutu (circa 80 %), che parlano la stessa lingua e condividono la consapevolezza di appartenere alla stessa nazione.

Ma i primi abitanti conosciuti del Ruanda furono verosimilmente dei pigmei, antenati degli attuali batwa, che si occupano tuttora della produzione artigianale della ceramica. Già nell’anno 1000 avanti Cristo, una presenza umana è testimoniata da scavi archeologici che portarono alla luce un’arte del ferro e della ceramica affine alla cultura bantu. I manufatti sarebbero stati prodotti da una popolazione oriunda del bacino congolese, e che avrebbe migrato in quel periodo[3]. Dal X al XV secolo, il territorio assistette all’insedia­mento dei tutsi, pastori venuti dal Nord. Furono loro ad annettere ai primi territori diverse terre limitrofe, fino a costituire un’unica nazione con l’estensione che le conosciamo oggi. Il Ruanda come “nazione” sembra quindi in origine una creazione tutsi. Uomini dei bovini e della lancia – commenta ancora Lugan – , essi solitamente dominavano gli hutu, uomini della zappa e della terra. Nel XIX secolo, queste tre comunità (batwa, hutu e tutsi) condividono la stessa lingua (il kinyarwanda) e la stessa religione. Il Re o Mwami è l’immagine  d’Imana, Dio supremo, e regna su tutti i suoi sudditi, i banyarwanda. Sotto il suo potere e la sua giurisdizione, il paese viene amministrato dai capi del suolo (solitamente di origine hutu), dai capi dei pascoli (i tutsi) e dai capi degli eserciti (assunti tra i tutsi). Ma anche se il potere si concentra prevalentemente nelle mani dei tutsi, che per proteggerlo tendono a evitare matrimoni misti, queste unioni tra etnie o tribù non sono poi così rare.

 

LA COLONIZZAZIONE EUROPEA

 
Il primo europeo a scoprire la zona dei grandi laghi fu, nel 1858, John Hanning Speke, il quale tuttavia non vi si addentrò. Solo un ventennio più tardi, nel 1880, alcuni esploratori tedeschi seguirono la via scoperta; assieme a loro, i missionari cattolici si stabilirono in quella parte della Africa. Nel 1890, i tedeschi annessero Ruanda e Burundi ai lori possedimenti in Africa orientale, senza prestare attenzione alle forti reticenze del Mwami Musinga, l’allora Re del Ruanda.

Tedesco fino al 1916, il Ruanda venne in seguito collocato sotto il mandato della Società delle Nazioni, e affidato alla gestione amministrativa del Belgio. In un primo tempo, il Belgio governò coinvol­gendo le autorità locali, ovvero il Mwami Musinga e l’aristocrazia tutsi. Ma introdusse anche usanze europee nei principi di gestione del paese. Risale, per esempio, agli anni 1934-35 l’attuazione di un censimento della popolazione, che si concretizzò con il rilascio di un documento d’identità che dichiarava l’etnia di apparte­nenza, spesso attribuita sulla base di indizi superficiali e ingannevoli (come la ricchezza o l’attività lavorativa dell’individuo). Fortemente condizionata dalla numerosa e attiva presenza missionaria, l’epoca coloniale si contraddistingue inoltre con una educazione cattolica gestita secondo criteri europei e con finalità missionaria di conversione. Succeduto al padre nel 1931, il Mwami Mutara accettò un decennio più tardi di convertirsi alla religione cattolica. Tuttavia non vedeva con serenità il progressivo trasferimento dei poteri locali verso l’amministrazione europea incaricata della tutela. Richiese quindi che venissero ripristinate usanze di un tempo : l’elezione dei capi conta tra quelle usanze perdute. Dal canto loro, anche gli hutu premevano per essere finalmente coinvolti a pieno titolo nella gestione del paese. Dal 1956 in poi, il Mwami Mutara reclamò un progressivo accesso del paese all’indipendenza, mentre la maggioranza hutu affrettava l’attuazione di riforme sociali e politiche a loro tutela.  Ma nel 1959, la morte misteriosa di Mwami Mutara gettò il paese nella guerra civile.

 

GLI ANNI DOLOROSI E LA RITROVATA SERENITÀ

 
Per questo Regno di antica tradizione aristocratica, la Repubblica, dichiarata il 28 gennaio 1961, e l’Indipendenza, ottenuta il 1^ luglio 1962, si rivelarono un vero e proprio trauma. Fortemente voluto in nome della democrazia, e quindi nella logica del gran numero, il nuovo regime venne a scardinare pesantemente una lunga pratica di valori oligarchici.

 I grandi errori della colonizzazione europea (in particolare della democrazia cristiana belga e della Francia), che non staremo qui ad elencare nelle loro fasi successive, sono stati principalmente quelli di appoggiare gruppi di potere ruandesi senza comprendere le profonde lacerazioni che venivano a crearsi in tutta la popolazione indigena. La superficialità di legiferare in culture completamente diverse da quelle europee, hanno scatenato dal 1961 al 1994 ulteriori profonde destabilizzazioni in tutto il paese che, dal 1994 in poi in un momento di vuoto di potere, precipitò in una sanguinosa guerra civile.

L’autorevolezza dell’attuale Presidente Paul Kagamé (che succedette a Pasteur Bizimungu nel 2000) e la catarsi collettiva attuata dalle gacaca (leggere: gaciacia), che sono strutture giudiziarie ruandesi chiamate col nome della loro cornice naturale, ovvero quell’erbetta su cui si sedeva tutta la comunità convocata a giuria, sembrano aver ridato al giovane Ruanda di oggi un sorriso più sereno e l’energia di riaprirsi alla vita internazionale. L’abolizione della pena di morte (2007) è  un segno e un esempio di questa chiamata ad una giustizia fatta di confessione e perdono collettivo. Zoccolo saldo e positivo sul quale riedificare il paese.

 

[1] A questo storico, che conta tra i più autorevoli esponenti contemporanei della storiografia africana, si devono numerosissimi scritti dal 1976 a oggi. Ci riferiamo in particolare a Histoire du Rwanda – De la préhistoire à nos jours, Bartillat, Étrepilly, 1997.
[2] Il Ruanda e il Burundi rappresentano due vecchi stati creati e dominati dai tutsi, a differenza, per esempio, dell’Uganda, creazione coloniale che ingloba diversi regni artificialmente riuniti dagli inglesi alla fine del XIX.
[3] http://www.africa-onweb.com/pays/rwanda/histoire.htm.